lunedì 9 gennaio 2023

Con Primo... il primo appuntamento del 2023 del Gruppo di Lettura

Lib(e)ri di leggere apre il 2023 con il libro "Il sistema periodico", di Primo Levi.

Lo scrittore torinese, testimone per eccellenza dello sterminio ebraico, è stato anche un chimico. Non un ricercatore, ma un chimico industriale. La passione per la chimica ha modellato la forma mentis di Levi e lo ha accompagnato per tutta la vita: la considerava un modo per comprendere il mondo, la «risposta agli interrogativi che la filosofia lascia irrisolti».

"Il sistema periodico", pubblicato nel 1975, è stato eletto nel 2006 dalla Royal Institution di Londra il "più bel libro di scienza mai scritto". 

È una raccolta di 21 racconti, ognuno intitolato a un elemento chimico della tavola periodica di Mendeleev, nei quali Levi intreccia tra loro tre macrostorie: la sua personale, dall'adolescenza all'età adulta; quella della sua generazione, calpestata dal fascismo e dalla guerra mondiale; quella dei chimici, che lottano con la materia per carpirne i segreti e piegarla. 

«Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. [ La separazione tra cultura scientifica e cultura umanistica, se c'è, è ] una schisi innaturale, non necessaria, nociva, frutto di lontani tabù e della controriforma, quando non risalga addirittura a una interpretazione meschina del divieto biblico di mangiare un certo frutto. Non la conoscevano Empedocle, Dante, Leonardo, Galileo, Cartesio, Goethe, Einstein, né gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche, né Michelangelo; né la conoscono i buoni artigiani d'oggi, né i fisici esitanti sull'orlo dell'inconoscibile.»
(Primo Levi)

L'incontro è fissato per martedì 31 gennaio, dalle ore 17.00, presso la Biblioteca Civica di Codogno
Come sempre, è aperto a tutti e gratuito.



Inviato dal mio Galaxy

giovedì 17 febbraio 2022

Marcela Serrano: scopriamo l'autrice del romanzo del prossimo incontro

Tra le esponenti più autorevoli della letteratura latinoamericana moderna, la romanziera cilena, Marcela Serrano, 71 anni, è figlia di Horacio, ingegnere e saggista  ("uomo pazzo ma meraviglioso") e di Elisa Pérez Walker, scrittrice.

Appassionata esploratrice dell'universo femminile, e per questo amatissima dalle donne di tutto il mondo, definisce il suo un femminismo lontano dagli stereotipi di genere e dichiara di non aver mai pensato di fare letteratura solo per donne.

"Io scrivo solo in campagna. [...] Questo è il mio regno interiore. Fuori, in città, la gente mi fa perdere troppo tempo. Qui, invece, la solitudine mi piace ogni giorno di più".
La tenuta dove scrive, situata a circa un'ora e mezza da Santiago, è stata ereditata dalla madre e prima di lei era appartenuta ad altre quattro madri, di cui dice: "Loro mi accompagnano. Sono i miei fantasmi". Il suo rifugio è un ardito cubo bianco progettato dalla figlia Elisa, architetta, al cui interno si trova anche una libreria gigantesca.
Per un periodo ha anche vissuto in Italia, a Roma, dove si trasferì nel 1973 a causa del golpe militare di Pinochet, restandoci fino al 1977.
"Spesso ho dichiarato: se stai vivendo la tragedia dell'esiliato, perché l'esilio è una tragedia, il miglior posto al mondo dove vivere è l'Italia. La solidarietà che il popolo italiano ha dimostrato al popolo cileno dopo il colpo di stato è stata ammirevole, in tanti sono stati generosi! Non ringrazieremo mai abbastanza. L'Italia è un paese capace di trasmettere calore. E noi ne avevamo bisogno. Mi rammento di tante cose, come le amiche che mi vestivano, perché la mia povertà le addolorava, i dottori che mi curavano senza farsi pagare, perché non avevo la mutua, tutti quelli che ci hanno trovato del lavoro, che ci invitavano a cene luculliane, veri e propri banchetti, perché sospettavano che la nostra alimentazione fosse un po' scarsa, e tutti quelli che ci hanno aiutato con la lingua… e tanto altro. Una parte di me rimarrà romana per sempre."

È sposata a Luis Maira Arguirre, politico socialista che è stato Ambasciatore del Cile in Messico e Belize fino al 2003 e in Argentina dal 2004 al 2010. I due, che hanno due figlie, Elisa e Margarita, vivono in appartamenti separati nello stesso palazzo, la Serrano all'ultimo piano e lui al penultimo. Perché, rivela l'autrice "... solo così riesco a stare con un uomo. Con gli altri, insieme è durata pochissimo. Con Luis, invece, vivendo separati stiamo insieme da trent'anni. Non condividiamo la casa. Ma condividiamo tutto".

Il suo editore di riferimento in Italia è Feltrinelli, con il quale ha pubblicato: 
  • Noi che ci vogliamo così bene (1996), 
  • Il tempo di Blanca (1998), 
  • L'albergo delle donne tristi (1999)
  • Antigua, vita mia (2000), 
  • Nostra Signora della Solitudine (2001), 
  • Quel che c'è nel mio cuore (2002), 
  • Arrivederci piccole donne (2004), 
  • I quaderni del pianto (2007), 
  • Dieci donne (2011), 
  • Adorata nemica mia (2013), 
  • Il giardino di Amelia (2016), 
  • Il mantello (2020).
"L'albergo delle donne tristi" è il romanzo di cui parleremo il 24 febbraio 2022.

Inviato dal mio Galaxy

venerdì 11 febbraio 2022

La scoperta di Jón Kalman Stefánsson

Non avevo ancora letto alcun autore islandese. Finché la mia amica Patrizia - lettrice appassionata e affidabile dispensatrice di consigli in materia - mi ha regalato "Crepitio di stelle".

Ho amato il protagonista. Per avermi ospitato nella sua testa di ragazzino, piena di domande che restano inespresse e per le quali non si aspetta di trovare risposte, non nel mondo dei silenzi in cui sono immersi gli adulti. Per avermi fatto conoscere il potere salvifico dei soldatini e delle viennesi. Per avermi fatto correre sotto lo sguardo e le bestemmie dei condomini, dietro un pallone, lontano dai bulli.
 
Ho amato la bisnonna, il suo amore tenace e generoso per il bisnonno, forte come un elastico, capace di allungarsi fino al limite cui lo spingono le sue irrequietezze e ricondurlo ogni volta a sé.

Ho amato il marinaio dai capelli rossi, forte di braccia e ricco di parole giuste, il suo amore per la bisnonna, implacabile come un'onda, che conosce quando è tempo di avanzare e quando arriva il momento di ritirarsi, e sa riempire le conchiglie con il suo canto perpetuo.

Stefánsson conduce tra la pagine di questo libro dal formato originale, con la scrittura evocativa che è propria dei poeti, impastata di parole inaspettate e perfette, che solleticano tutti i sensi e portano al fulcro preciso della comprensione e dell'immedesimazione.

Lo consiglio con grande piacere, lo stesso con cui l'ho ricevuto in dono.

"La notte non è sempre la stessa. A volte soffia piano in una cornamusa piena di stelle e trasforma il regno delle tenebre e della paura in una ninnananna malinconica, a volte è luminosa come il giorno, e gli spettri che si azzardano a uscire dalla terra svaniscono con un piccolo schiocco. Nei libri antichi la notte non è descritta come buio, ma come il momento in cui il sonno acquieta tutto ciò che vive, l'aria non si muove, il mormorio delle stelle si affievolisce e il mondo trattiene il respiro."

Titolo: "Crepitio di stelle"
Autore: Jón Kalman Stefánsson (1963)
Traduzione di: Silvia Cosimini
Editore: Iperborea
ISBN: 978-88-7091-630-0



Inviato dal mio Galaxy

domenica 7 giugno 2020

Un giorno lessi un libro e tutta la mia vita cambiò

Nel rendere omaggio al Premio Nobel per la letteratura 2006 Orhan Pamuk, nel giorno del suo 68° compleanno, pubblichiamo l'incipit de "La nuova vita",  il quinto romanzo scritto da Pamuk, il quarto tradotto in italiano.
Racconta di come un libro, comprato dopo averlo visto in mano a una ragazza, e letto avidamente, dà una svolta alla vita di Osman, studente universitario a Istanbul.
Ecco come la narrazione ha inizio.
Buona lettura!


Un giorno lessi un libro e tutta la mia vita cambiò. Fin dalle prime pagine ne percepii a tal punto la forza che mi parve quasi che il mio corpo si staccasse dalla sedia e dal tavolo a cui mi sedevo per allontanarsene. Ma nonostante avessi sentito il mio corpo staccarsi e allontanarsi, io ero più che mai su quella sedia e davanti a quel tavolo, con tutto il mio essere e tutto il mio corpo e il libro mostrava i suoi effetti sulla mia anima come su tutto ciò che mi apparteneva. Era un effetto talmente forte che sembrava che le pagine irradiassero luce sul mio viso. Era una luce che faceva brillare la mia mente e insieme la accecava. Pensai che grazie a questa luce mi sarei rigenerato, che questa luce mi avrebbe indicato la via d'uscita, intravidi le ombre di una vita che avrei conosciuto e a cui, più tardi, mi sarei avvicinato. Sedevo al tavolo e un angolo della mia mente ne era conscio, sfogliavo le pagine e, mentre tutta la mia vita cambiava, leggevo nuove parole e nuove pagine. Dopo un po' mi sentii talmente impreparato e indifeso di fronte alle cose che mi sarebbero capitate che, istintivamente, allontanai per un attimo il viso dalle pagine come a volermi proteggere dalla forza che emanavano. E allora, spaventato, mi resi conto che il mondo che mi circondava era completamente cambiato e provai una sensazione di solitudine mai sperimentata prima. Era come se fossi rimasto completamente solo in un Paese di cui ignoravo la lingua, le usanze e la geografia.
L'angoscia provocata da questa sensazione di improvvisa solitudine mi legò ancora più profondamente al libro. Forse questo libro mi avrebbe mostrato cosa avrei dovuto fare nel nuovo mondo in cui ero capitato, in cosa credere, cosa vedere, la strada che avrebbe preso la mia vita. E, mentre scorrevo le pagine a una a una, iniziai a leggere il libro come una guida che mi tracciasse la strada da intraprendere in un Paese selvaggio e straniero. Mi veniva voglia di dirgli: – Aiutami, aiutami a trovare la mia nuova vita senza imprevisti -. Ma sapevo che questa vita era fatta delle parole della guida. Mentre leggevo parola per parola, da una parte cercavo di trovare la strada e dall'altra costruivo le incredibili meraviglie immaginarie che me l'avrebbero fatta completamente smarrire.


(Orhan Pamuk, incipit de "La nuova vita" - titolo originale "Yeni Hayat" - pubblicato in Italia da Einaudi - traduzione di Marta Bertolini e Şemsa Gezgin - 257 pagg. - Euro 11,50 euro)

E voi? Avete già incontrato il libro che vi ha cambiato la vita?
Ce lo raccontate?



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martedì 18 giugno 2019

Sull'onda della lettura di "Orfani bianchi"

Sindrome Italia, nella clinica delle nostre badanti
(di Francesco Battistini)

«Nicoleta, sei una schifosa! Nicoleta, pulisci! Nicoleta, sta' zitta! ... Le sento sempre, quelle voci…». Nelle orecchie ronzano ancora le urla del vecchio malato d'Alzheimer e di sua moglie. Nella mente, i ricordi della casa di Treviso: una prigione senza sonno e senza permessi, né sabati né domeniche. «Quei signori me li sogno tutte le notti. Due zombie! M'afferrano, mi fanno male!…».
All'ombra d'un carrubo, ingoffita d'un soprabito nero che invecchia il suo corpo cinquantaduenne, Nicoleta sta seduta a fissare le ortensie della clinica. Ogni mezzogiorno, stessa panchina. Dieci anni da badante e ora più nessuno a cui badare, nemmeno se stessa. Il tempo, lo trascorre a fare la terapia: «Quando sono tornata a casa, nel 2012, mi sono accorta che parlavo con le voci. Mi sentivo prigioniera, non dormivo mai, scappavo. Avevo attacchi di panico, piangevo. I miei due figli mi guardavano come una sconosciuta. Avevano ragione: erano cresciuti senza vedermi, ormai era passato troppo tempo... Alla fine se ne sono andati via».
Nicoleta sorride nel vuoto: «Io sono rimasta qui, loro sono fuggiti a vivere in Sicilia. Ed è come prima: non ci vediamo mai». Meglio così: «Ma sì, che cosa ci stavano a fare con me? Hanno una vita da vivere. La mia, io l'ho regalata all'Italia».

Ahi serva Romania, di dolore ostello. All'Istituto psichiatrico Socola di Iasi, le Nicolete ricoverate sono più di duecento l'anno. Depresse, inappetenti, insonni, schizofreniche, ansiose, impanicate, allucinate, ossessionate. Impazzite. Aspiranti suicide. Badanti che prendiamo in casa e crediamo di conoscere — nel nostro Paese sono circa un milione, solo la Siria esporta in Europa più migranti della Romania — e diventano invece vite a perdere, quando tornano da dove vennero.
Il loro disturbo ha un nome scientifico che ci provoca, in quanto maggiori importatori europei d'affetto a pagamento: «Sindrome Italia». Uno stress diagnosticato e chiamato così per la prima volta da due psichiatri di Kiev: nel 2005, avevano osservato sintomi comuni a molte ucraine e romene e moldave, ma pure filippine o sudamericane. Tutte emigrate per anni ad assistere anziani nell'Europa ricca, lontane da figli e mariti.

«Più che una malattia, la "sindrome Italia" è un fenomeno medico-sociale», spiega Petronela Nechita, primaria psichiatra della clinica di Iasi: «C'entrano la mancanza prolungata di sonno, il distacco dalla famiglia, l'aver delegato la maternità a nonni, mariti, vicini di casa... Abbiamo molta casistica. S'è aggravata quando le romene dal Meridione, dove lavoravano nei campi ed erano pagate meno, si sono spostate ad assistere gli anziani del Nord Italia: tra le nostre pazienti ci sono soprattutto quelle che rifiutavano i giorni di riposo e le ore libere per guadagnare meglio, distrutte da ritmi massacranti. Nessuno può curare da solo un demente o una persona non autosufficiente: 24 ore al giorno, senza mai una sosta. Col fardello mentale di quel che ci si è lasciati alle spalle. Anch'io e lei ci ammaleremmo».

Al ritorno in Romania, la terapia della «sindrome Italia» può durare anche cinque anni e di rado la passa la mutua: 240 euro ogni dodici mesi, uno stipendio medio. Un terzo delle ricoverate tenta almeno una volta il suicidio, e spesso ci riesce. Ma è una strage silenziosa, perché di solito è la famiglia a chiedere d'aggiustare l'atto di morte: nella regione più povera dell'Ue, nella Iasi «dalle cento chiese», com'è soprannominato questo capoluogo della Moldavia romena che Bergoglio visiterà in giugno, i pope ortodossi negano funerali e cimitero a chi si toglie la vita.

( fonte: 100 giorni in Europa corriere.it https://www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/romania/ )



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martedì 22 gennaio 2019

Nell'anniversario della nascita di Virginia Woolf

"Leggere un romanzo è un'arte intricata e difficile. Dovete essere capaci non solo di una grande finezza nel percepire, ma anche di grande sfrontatezza nell'immaginare, se intendete fare uso di tutto ciò che il romanziere – quel grande artista – vi dà."
(Virginia Woolf, nata il 25 gennaio 1882)



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domenica 4 novembre 2018

Gruppi di lettura: come crearne e uno e farlo vivere felice

CHE COS'È UN GRUPPO DI LETTURA?

Proviamo a rispondere nel modo più semplice possibile:

il gruppo di lettura è un insieme di lettori che decidono di condividere, parlandone, la loro lettura privata di uno stesso libro. Lettura privata va intesa come: ciascuno per proprio conto.
È una definizione approssimativa e molto generica dei diversi tipi di gruppi di lettura che conosciamo: è utile per cominciare; in alcuni casi è necessario renderla più specifica.

Ma quali sono le caratteristiche fondamentali di un gruppo di lettura?
Questa, invece, è una domande alla quale credo sia inutile provare a rispondere. Ci costringerebbe a selezionare, a fare una classifica di caratteristiche, magari ad escluderne.
Finiremmo nel tunnel della ricerca della presunta essenza di un Gdl, in un esercizio di definizione rischioso – che potrebbe anche portare a escludere qualche gruppo. Operazione dunque che ci allontanerebbe da quel che ci interessa: creare, sviluppare, vivere un gruppo di lettura.

STRUMENTI E REGOLE (premessa)

Seguiamo una strada più pratica; mettiamo a punto alcuni strumenti, e regole del gioco (flessibili, reversibili, modificabili via via che si gioca) che sappiamo che funzionano e che sicuramente aiutano a fare un gruppo di lettura.
Sono "strumenti" e "regole" ricavate da anni di frequentazione dei gruppi di lettura ma anche da esperienze di dialogo con altri lettori su cosa succede nei loro Gdl.
Alcune idee sono però anche frutto di attività ancora più estemporanee: conversazioni con altri lettori che non fanno parte di gruppi di lettura ma che esprimono interesse per la condivisione della lettura; domande di lettori ignari di come funzioni un Gdl; oppure di lettori scontenti della loro esperienza nei gruppi. Alcune cose le ho ovviamente imparate dal lavoro di alcuni bibliotecari.

OLTRE LE BIBLIOTECHE (premessa 2)

A proposito di bibliotecari, è d'obbligo un'altra premessa. Non pretendo in alcun modo di occupare lo spazio concettuale e pratico abitualmente occupato dal lavoro e dalle idee dei bibliotecari. Sappiamo che è soprattutto nel quadro della loro attività che, in Italia soprattutto, sono nati e si sono sostenuti negli anni decine di gruppi di lettura. E in questo quadro si è prodotto anche molto lavoro di divulgazione su "come fare". È però un lavoro che ha avuto soprattutto altri bibliotecari come interlocutori.
Qui vorrei invece rivolgermi ai lettori, da lettore. Sia perché il ruolo dei lettori anche sul piano organizzativo, nei gruppi che si creano e svolgono le loro attività nell'ambito delle biblioteche, è sempre più importante per la salute dei Gdl; sia perché il fenomeno dei gruppi di lettura manifesta ormai segni di vitalità anche fuori e indipendentemente dalle biblioteche.
È quindi  e soprattutto pensando a un gruppo di lettura totalmente o almeno in parte autogestito dai lettori che ho raccolto quello che ho scritto qui.

REGOLE DEL GIOCO

Cominciamo con alcuni "consigli" elementari, fondati su alcune regole del gioco. Alcuni di questi consigli, per essere applicati, richiedono l'uso di "strumenti" dei quali ci occuperemo successivamente.

1 – LA LETTURA È UN'ATTIVITÀ PRIVATA

(che poi, a volte, viene condivisa). Non date retta a chi sostiene il contrario e teniamo questa convinzione come bussola in tutte le attività e iniziative relative al gruppo di lettura: ci aiuterà a prendere decisioni giuste e realistiche e a evitare le delusioni.
Un gruppo di lettura non fa letture di gruppo. Ciascuno legge da solo, per i fatti propri, il libro scelto come libro da condividere. Poi, in un incontro a una data stabilita, si discute di quel libro. Un gruppo di lettura fa allora quella che viene definita "lettura condivisa"; da non confondere con la lettura di gruppo, che invece prevede che l'atto della lettura sia fatto insieme a tutti gli altri.

Parlare ad altre persone di un libro che si è letto può essere difficile e faticoso. Discutere di un libro, in modo pertinente e profondo, significa molto spesso aprire una finestra sulle proprie idee e i propri sentimenti, le proprie emozioni più intime. Ho conosciuto persone che hanno lasciato il gruppo, del quale pensavano di sentirsi felicemente parte, perché era diventato emotivamente troppo faticoso parlare con sincerità dei libri letti. Poi ci sono timidezze nel parlare con persone che si conoscono poco o per nulla; fastidio per il protagonismo di altri lettori; intolleranze all'imposizione di una data entro la quale il libro dovrebbe essere terminato per poterne parlare nell'incontro. E molti altri ostacoli, come vedremo.

Un gruppo di lettura si regge quindi su un equilibrio instabile. Da una parte la naturale indipendenza del lettore nella scelta del libro, nella personalizzazione della lettura, nella interpretazione, nel tempo da dedicare, nel modo di scegliere di cosa parlare a proposito di quel libro e di come parlarne, e in tutto il resto che fa di ogni lettore un lettore idiosincratico e irriducibile a qualsiasi "gruppo".

Dall'altra, però, abbiamo la forza considerevole, cognitiva ed emotiva, della condivisione con altri dell'esperienza unica e irripetibile di quanto e come si è letto quel libro. È una pratica di generosità che richiede uno sforzo: la trasmissione gratuita di un'esperienza intensa e importante, per molti lettori un'esperienza decisiva. Una esperienza simile a quella del dono: gratuità di pensieri ed emozioni generati dalla lettura.
In fondo, la condivisione della lettura della quale stiamo parlando si fonda sulla convinzione di fondo che le storie che si sono scoperte dentro i libri possano continuare a esistere solo se condivise, rimesse in circolo, con l'aggiunta di ideali note a margine volute dagli altri lettori.

2 – IL GRUPPO DI LETTURA DEVE AVERE CONFINI PERMEABILI.

In entrata, uscita, rientro, ri-uscita e così via. Un gruppo di lettura che rende difficile il transito si trasformerà presto in un ciarliero salotto; e in esso la conservazione del salotto stesso sarà più importante della qualità, del coraggio e della varietà della discussione.

Un salotto è diverso da un gruppo di lettura. Un gruppo che non favorisce il transito in entrata e uscita, rischia di irrigidirsi, faticherà a rinnovarsi e soffrirà molto l'instabilità generata da ogni – inevitabile – abbandono. E faticherà ad accogliere nuovi lettori (sempre che nuovi lettori, un Gdl "chiuso" riesca a trovarli).

Fra le possibili metafore efficaci per questo concetto di disponibilità e invito al transito nel gruppo di lettura, mi pare che funzioni quella del piccolo bus in viaggio – se ne vedevano parecchi negli anni Settanta, oggi un po' meno – che si ferma a far salire gli autostoppisti; l'atmosfera è accogliente, sul bus ci sono altri autostoppisti, si scambiano le provviste di cibo, l'acqua, il vino; si scambiano le idee e le emozioni, le storie. Poi, dopo un po' di strada, qualcuno scende, è arrivato. Altri salgono. È uno spazio aperto e, insieme, intimo, solidale e di confronto e di conforto, capace di mutare continuamente, e allo stesso tempo di mantenere la propria natura "aperta" e di esplorazione.

3 – IL GRUPPO DI LETTURA HA BISOGNO DI UNA CASA.

O meglio di un luogo pubblico (o quasi pubblico come il bus di prima) che faccia da casa. Certo, molti gruppi di lettura si riuniscono davvero nelle case private. Ma questa pratica, lo si intuisce, rischia di spingerlo presto a diventare il citato "salotto". L'esperienza ha fino a oggi indicato che le biblioteche pubbliche sono il luogo ideale per fare da casa a un gruppo di lettura. È il luogo più aperto, e capace di favorire il "transito". Vanno bene anche i locali di un circolo culturale aperto; persino quelli di un bar. Anzi, ho maturato la convinzione che nei bar, pub, enoteche possano nascere gruppi specifici e "leggeri", agili avanguardie. Questi luoghi potrebbero diventare fra i migliori per la creazione di nuovi gruppi, che magari si consolidano trovandosi altrove.

4 – MODERATORE.

La discussione di ciascun libro in un gruppo di lettura funziona meglio se guidata da un moderatore (in alcuni gruppi è stato chiamato "maestro di gioco", anche per ricordare che suo compito è tenere sempre presente che ci sono delle regole del gioco e che queste regole sono suscettibili di trasformazione). È importante che il moderatore cambi per ogni libro discusso. Il perché è intuibile: non si rischiano le conferenze, non si rischia l'omologazione a un solo tipo di discussione o interpretazione.
Un buon metodo è affidare di volta in volta il ruolo alla persona che più ha a cuore il libro scelto.

Ma serve davvero un "moderatore"?
Forse si può fare senza. Diciamo che su questo tema ci sono idee – forse contraddittorie – ancora in evoluzione e elaborazione. Tornate a leggere qui.

5 – COMUNICAZIONI.

Qualcuno deve fare da collante fra i lettori del Gdl, in particolare fra una riunione e l'altra, nelle pause estive e nelle feste di Natale. Comunica a tutti data e ora degli incontri; comunica il libro scelto a chi non ha partecipato all'ultima riunione; mette all'opera le idee per pubblicizzare il gruppo e favorire il "transito".

6 – LA SCELTA DEL LIBRO.

Scegliere il libro nel modo giusto è un passaggio molto importante: ve ne accorgerete quando tutto sarà mandato a monte tutto con scelte mediocri, fatte più per non scontentare nessuno che per interessare, sorprendere o scardinare sicurezze dei lettori, o con scelte superficiali. Se vi sembra una regola banale, non state tenendo conto della maledizione dell'abitudine. Quando il gruppo di lettura si consolida – dopo un po' di libri con le relative riunioni di discussione – la scelta rischia di diventare quasi una routine; e in questo modo viene sottovalutato l'impatto che questa scelta avrà sull'intensità di partecipazione alla condivisione della lettura e in definitiva sul futuro del Gdl.
Libri scelti dopo discussioni intense sono indicatori significativi della salute del gruppo di lettura. Libri scelti quasi senza pensarci dovrebbero essere un segnale d'allarme sulla salute del gruppo.

7 – LA DISCUSSIONE: (QUASI) NESSUNA REGOLA.

Il gruppo di lettura si autoregola. Trova equilibri che si ridefiniscono ogni volta, anche dipendenti dal moderatore, dal numero di partecipanti alla discussione, dal libro discusso. Un gruppo autoregolato riesce anche ad ammortizzare il potenziale di rovina generato da elementi di disturbo, per esempio il narcisismo di qualche partecipante.
Ovviamente il tutto in quadro di civiltà e rispetto che viene dato per accettato e rispettato da tutti.

8 – CHI PARTECIPA A UN GRUPPO DI LETTURA NON FA CRITICA LETTERARIA.

Non sostituisce i critici di professione. Ovviamente non si può impedire a un lettore di provare a fare il "critico". Ma un "vorrei essere un critico" tende ad appesantire la discussione e a creare malintesi e diffidenze. Viene visto come "uno che sale in cattedra". La discussione funziona meglio se i lettori/partecipanti esprimono al massimo l'esperienza soggettiva di lettura di quel libro, senza le pretese di oggettività nel giudizio estetico che segnano ogni lettore che "vorrebbe essere un critico".

9 – PROFONDITÀ.

D'altra parte, è decisamente meglio che le differenti personalità nel Gdl si esprimano liberamente. Anche a costo di appesantire la discussione. Una discussione articolata, magari anche con digressioni clamorose è meglio di un "like" alla Facebook, o di un, apparentemente più meditato: "È un libro ben scritto". Una discussione generica uccide il gruppo di lettura.

10 – IL GRUPPO DI LETTURA NON DOVREBBE AVERE "FINALITÀ", "OBIETTIVI", "RAGIONI" ESTERNE ALLA CONDIVISIONE DELLE LETTURE.

O meglio: può anche averle, ovviamente. Non dovrebbero però essere queste finalità a regolare il funzionamento del gruppo. Perché, se così fosse, ci troveremmo con un gruppo telecomandato, con poca inventiva e capacità di esplorare.

11 – IL GRUPPO DI LETTURA DEVE ESSERE AMBIZIOSO

Partecipare a un gruppo di lettura è una scelta forte che si colloca all'incrocio fra l'amore estetico per la scrittura d'autore, il bisogno di conoscenza, l'emozione della lettura "personale", l'urgenza del dire e condividere questa scoperta.

Ora, se si genera questa voglia forte di condividere quel che si è letto, che ci trascina dentro il gruppo di lettura, ovunque si riunisca; e se questa urgenza è così significativa: ecco che l'esperienza del gruppo di lettura dovrebbe essere ambiziosa e complessa, per non deludere. Coraggiosa.

12 – IL GRUPPO DI LETTURA CON LETTORI CHE NON LEGGONO I LIBRI

Come detto, anche a chi non ha letto il libro deve essere invitato a partecipare al Gdl. Tuttavia, in che misura la violazione della regola fondamentale del gioco (leggere il libro) mette a rischio l'esistenza stessa del gruppo di lettura?
Insomma, quanti lettori "che non giocano" è in grado di sopportare il gruppo?
C'è poi la questione dei lettori che parlano di libri che hanno letto decenni prima e che ora non rileggono? Anche loro giocano con regole diverse, che mettono in difficoltà il gruppo.
Forse, poi dovremmo dire la stessa cosa di chi legge i libri in modo superficiale e finisce col dire cose che non sono pertinenti con ciò che l'autore del libro ha scritto.

(https://gruppodilettura.wordpress.com/2011/06/29/gruppi-di-lettura-come-crearne-e-uno-e-farlo-vivere-felice/)




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